Català | Castellano | English | Français | Deutsch | Italiano | Galego | Esperanto
En aquest lloc «web» trobareu propostes per fer front a problemes econòmics que esdevenen en tots els estats del món: manca d'informació sobre el mercat, suborns, corrupció, misèria, carències pressupostàries, abús de poder, etc.
Home | Chi siamo? | Contatto ed e-mail | Blog

• Scritti di opinione.
• Interviste.

Pubblicazioni del Centro:

Breve storia della moneta.
Agustí Chalaux de Subirà, Brauli Tamarit Tamarit.

Il Capitalismo Comunitario.
Agustí Chalaux de Subirà.

Uno strumento per costruire la pace.
Agustí Chalaux de Subirà.

Leggende semitiche sulla banca.
Agustí Chalaux de Subirà.

Moneta telematica e strategia di mercato.
Magdalena Grau, Agustí Chalaux.

Omaggi e biografie:

Note autobiografiche di Agustí Chalaux de Subirà (1911-2006).

Prologo. Gli antecedenti della scrittura. Index. Gli antecedenti della scrittura. Serie di gettoni d'argilla provenienti da Susa. Gli antecedenti della scrittura.

Gli antecedenti della scrittura.

Le Scienze. Edizione italiana di Scientific American. Numero 120. Agosto 1978. Anno XI. Volume XXI.
di Denise Schmandt-Besserat.

Molto prima che i sumeri inventassero la scrittura, in Asia occidentale si tenevano conti e registrazioni con gettoni di argilla di varie forme: sembra siano stati tali oggetti a dare origine agli ideogrammi sumerici.

Quali furono gli antecedenti della scrittura e come si pervenne ad essa? L'invenzione della scrittura è un tipico esempio di ciò che gli studiosi del passato designano come una scoperta fatta indipendentemente in più luoghi; vari sistemi di scrittura si svilupparono infatti isolatamente l'uno dall'altro in epoche diverse e in parti del mondo molto remote fra loro e spesso pressoché prive di collegamenti. Il sistema di scrittura degli ideogrammi cinesi, per esempio, può essere ricondotto ai segni arcaici incisi sulle scapole di ovini o su scudi di tartaruga nel II millennio a.C. come mezzo per porre domande ai celesti. Un migliaio di anni dopo un sistema di scrittura completamente diverso sorse in una parte del mondo lontanissima, ossia nella Mesoamerica. Questo nuovo sistema combinava un metodo semplice di notazione numerica con complessi geroglifici ed era usato principalmente per indicare le date di vari eventi secondo un elaborato calendario.

Tanto la scrittura dei cinesi quanto quella dei maya furono invenzioni relativamente tarde. Dev'esserci stato un qualche sistema di scrittura che si possa considerare il più antico e proprio da quella fase iniziale dobbiamo dare l'avvio alle ricerche sugli antecedenti della scrittura. Il merito dell'introduzione della scrittura è attribuito generalmente alla popolazione mesopotamica dei sumeri. Nell'ultimo secolo del IV millennio a.C. i funzionari di città-stato sumeriche come Uruk avevano sviluppato un sistema per registrare numerali, pittogrammi e ideogrammi su superfici di argilla preparate appositamente. (Un pittogramma è una raffigurazione più o meno realistica dell'oggetto che rappresenta; un ideogramma è un segno astratto.)

A Uruk un gruppo di archeologi tedeschi diretto da Julius Jordan riportò in luce, tra il 1929 e il 1930, molti esempi di queste registrzioni arcaiche. I testi, un migliaio circa, furono studiati per la prima volta da Adam Falkenstein e dai suoi allievi. Oggi altre scoperte hanno portato il numero complessivo dei testi di Uruk e nello stile di Uruk a circa 4000 e gli sforzi pionieristici di Falkenstein sono stati portati avanti principalmente da Hans J. Nissen, della Freie Universitàt di Berlino, e dalla sua collega M. W. Green.

Benché i supporti di argilla usati dagli scribi di Uruk vengano designati universalmente come tavolette, una parola che fa pensare a lastre piane, essi sono in realtà convessi. I singoli caratteri venivano scritti nell'argilla molle per mezzo di uno stilo di legno, osso o avorio, con un estremo smussato e l'altro appuntito. I caratteri erano sostanzialmente di due tipi: i segni numerici venivano impressi nell'argilla; tutti gli altri segni, pittogrammi e ideogrammi, venivano incisi con l'estremità appuntita dello stilo. Il repertorio di caratteri usato dagli scribi di Uruk era molto esteso; si stima che ammontasse a non meno di 1500 segni distinti.

Le ipotesi sull'origine della scrittura postulano in generale un'evoluzione dal concreto all'astratto: si partirebbe da una fase pittografica iniziale che nel corso del tempo, e forse a causa dell'imprecisione degli scribi, si sarebbe evoluta verso uno schematismo sempre più accentuato. Le tavolette di Uruk contraddicono questo tipo di ipotesi. La maggior parte dei 1500 segni (Falkenstein ne elencò 950) sono ideogrammi totalmente astratti; i pochi pittogrammi che compaiono in esse rappresentano animali selvatici come il lupo e la volpe o strumenti di una tecnica abbastanza avanzata, come il carro a due ruote. In effetti i testi di Uruk rimangono in gran parte da decifrare e continuano a costituire un enigma per gli epigrafisti. I pochi segni ideografici che sono stati identificati sono quelli che possono essere ricondotti, per passaggi graduali, da un carattere cuneiforme di epoca posteriore a un prototipo sumerico arcaico. Dai contenuti frammentari che tali documenti ci consentono di apprendere, appare che gli scribi di Uruk registravano soprattutto transazioni commerciali e compravendite di terreni. Alcuni fra i termini che appaiono più spesso sono quelli per designare il pane, la birra, gli ovini, i bovini e gli indumenti.

Dopo la scoperta di Jordan a Uruk, altri archeologi trovarono testi simili in altre località della Mesopotamia. Altri furono trovati nell'Iran: a Susa, a Chogha Mish e persino a Godin Tepe, 350 chilometri circa a nord di Uruk. In anni recenti tavolette nello stile di Uruk sono state riportate in luce in Siria a Habuba Kabira e a Jebel Aruda, 800 chilometri circa a nord-ovest di Uruk. A Uruk le tavolette sono state rinvenute in un complesso templare; la maggior parte delle altre furono trovate fra i resti di abitazioni private, dove la presenza di sigilli e di tappi d'argilla per giare marcati con sigilli indica l'esercizio di una qualche attività di tipo mercantile.

Se i testi di Uruk sembrano contraddire l'ipotesi che la forma di scrittura più antica fosse quella pittografica, molti epigrafisti, anziché accettare questo fatto, inclinano a pensare che tali tavolette, pur essendo la forma di scrittura più antica oggi nota, rappresentino in realtà uno stadio già avanzato. L'ipotesi pittografica si mantiene così valida. Il fatto che nessun testo di questo genere sia ancora stato trovato in siti del IV millennio a.C. o ancora più antichi viene spiegato postulando che i testi dei millenni anteriori venissero scritti solo su mezzi deperibili.

Io vorrei suggerire un'ipotesi alternativa. Dalle ricerche sulle prime forme di utilizzazione dell'argilla nel Vicino Oriente condotte in anni recenti emerge il suggerimento che varie caratteristiche dei materiali di Uruk possano fornire indizi importanti circa i simboli visibili che precedettero di fatto l'avvento dei testi sumerici arcaici. Fra questi indizi sono la scelta dell'argilla come materiale per documenti, il profilo convesso delle tavolette di Uruk e l'aspetto dei caratteri registrati su di esse.

A Nuzi, sito urbano del II millennio a.C. dell'Iraq, furono compiuti scavi fra il 1927 e il 1931 a cura dell'American School of Oriental Research di Bagdad. Una trentina di anni dopo, A. Leo Oppenheim, dell'Oriental Institute dell'Università di Chicago, passando in rassegna i reperti degli archivi del palazzo di Nuzi, riferì sull'esistenza di un sistema di registrazione che faceva uso di «gettoni». Sulla base dei testi di Nuzi, tali gettoni venivano usati a scopo di conteggio; di essi si diceva che venivano «depositati», «trasferiti» e «rimossi».

Oppenheim desunse dai testi di Nuzi l'esistenza di una sorta di sistema di contabilità doppia; oltre agli elaborati testi cuneiformi degli scribi, l'amministrazione di palazzo aveva una contabilità parallela tangibile. Per esempio, un gettone di un determinato tipo poteva rappresentare uno dei capi di bestiame delle mandrie di proprietà del palazzo. Quando nascevano nuovi animali si doveva aggiungere un numero corrispondente di nuovi gettoni; ogni volta che si macellavano animali, si toglieva un numero di gettoni corrispondente. I gettoni venivano probabilmente anche trasferiti da un ripiano all'altro quando gli animali venivano spostati da un pastore o da un pascolo, quando le pecore venivano tosate e così via.

La scoperta di una tavoletta cava a forma di uovo nelle rovine del palazzo portò una conferma all'ipotesi di Oppenheim (vedi immagine 2). L'iscrizione sulla tavoletta risultò essere un elenco di 48 animali. La tavoletta tintinnava e, quando fu aperta con ogni cura a un'estremità, si trovò che nel suo interno c'erano 48 gettoni. Presumibilmente la combinazione di un elenco scritto e di gettoni che potevano essere contati si riferiva al trasferimento di un gruppo di animali da un servizio di palazzo a un'altro. Purtroppo non abbiamo alcuna descrizione precisa di questi gettoni, che andarono poi perduti.

Gli archivi di Nuzi risalgono al 1500 a.C. circa. Il grande sito elamita di Susa ha livelli di oltre 1500 anni più antichi. Gli scavi a Susa, iniziati da studiosi francesi nel penultimo decennio dell'Ottocento, continuano ancor oggi. Sei anni dopo la relazione del 1958 di Oppenheim, Pierre Amiet, del Museo del Louvre, fu in grado di confermare l'esistenza di un sistema di conteggio simile a Susa. I contenitori di gettoni di Susa, a differenza di quello rinvenuto a Nuzi, erano sfere di argilla cave. Amiet le chiamò «bullae» (vedi immagine 4); finora ne sono venute in luce una settantina. I gettoni che esse contengono sono foggiati in argilla in una varietà di forme geometriche, comprendenti sfere, dischi, cilindri, coni e tetraedri.

La scoperta di Amiet era molto importante; non soltanto essa dimostrava che bullae e gettoni erano già in uso almeno un millennio e mezzo prima della loro comparsa a Nuzi, ma anche che erano altrettanto, o forse ancora più antichi, dei documenti scritti di Uruk.

Nel 1969 cominciai una ricerca proponendomi di scoprire quando e in quali modi ebbe inizio l'uso dell'argilla nel Vicino Oriente. La produzione di ceramiche è ovviamente l'uso più familiare dell'argilla, ma ancor prima della produzione di vasellame l'uomo si serviva dell'argilla per farne perline per collane, statuine e mattoni e la usava come calce. Iniziai la mia ricerca visitando musei negli Stati Uniti, in Europa e in varie città del Vicino Oriente che avevano collezioni di manufatti di argilla risalenti al VII, VIII e IX millennio a.C. Nel periodo di tempo che va da 11000 a circa 8000 anni or sono furono fondati nell'Asia occidentale i primi insediamenti stabili agricoli.

Nelle collezioni dei musei, oltre che nelle perline, nei mattoni e nelle statuine che mi ero attesa di trovare, mi imbattei in quella che fu per me una categoria di oggetti imprevista: piccoli manufatti di argilla di varie forme. Come mi resi conto più tardi, erano le stesse forme che Amiet aveva trovato nelle sue bullae di Susa: sfere, dischi, coni, tetraedri, ovoidi, triangoli (o mezzelune), doppi coni uniti alla base, rettangoli e altre strane forme difficili da descrivere. Anche questi manufatti, alcuni dei quali erano di 5000 anni più antichi di quelli rinvenuti a Susa, potevano essere stati utilizzati come gettoni per conteggi?

Cominciai a compilare il mio catalogo principale di questi strani oggetti, elencando ogni gettone di cui si conosceva la provenienza da un sito specifico. In breve trovai che, se erano tutti piccoli, misurando in media da uno a due centimetri nella loro dimensione maggiore, molti si presentavano in due grandezze distinte. Per esempio, c'erano piccoli coni alti circa un centimetro e grandi coni alti da tre a quattro centimetri. C'erano anche dischi sottili, di soli tre millimetri di spessore, dischi il cui spessore arrivava a due centimetri. Erano evidenti anche altre variazioni. Per esempio, oltre a sfere intere trovai quarti di sfera, mezze sfere e tre quarti di sfera. Alcuni gettoni avevano altri caratteri aggiuntivi. Molti recavano incise linee profonde; ad alcuni erano applicate pallottoline o spire di argilla; altri ancora avevano impronte cave come di punzoni circolari.

I gettoni erano stati modellati tutti a mano, o rotolando un pezzetto di argilla fra i palmi delle mani o schiacciandolo fra le punte delle dita. L'argilla era di un impasto molto fine ma non presentava segni di una preparazione speciale (come l'aggiunta di sostanze destinate a conferire maggior durezza dopo la cottura). Tutti i gettoni erano stati però cotti allo scopo di assicurare loro una maggiore durata.

Trovai che i gettoni erano presenti praticamente in tutte le collezioni di manufatti dell'Asia occidentale dal Neolitico in avanti. Un esempio di abbondanza ci viene fornito da Jarmo, il sito di un antico villaggio nell'Iraq, la cui prima occupazione risale a circa 8500 anni or sono. Jarmo ha fornito un totale di 1153 sfere, 206 dischi e 106 coni. Dalle relazioni degli archeologi si desume che essi trovarono generalmente i gettoni disseminati sul pavimento di case sparse in varie parti di un sito. Se i gettoni erano stati tenuti un tempo in contenitori, come ceste o borse, questi sono andati distrutti moltissimo tempo fa. Ci sono nondimeno indizi del fatto che i gettoni venivano tenuti distinti da altri manufatti e anche di quale doveva essere la loro funzione. Le relazioni ci dicono che molti di questi oggetti furono trovati in gruppi di 15 o più e che tali gruppi si trovavano, all'interno delle case, in aree destinate a fungere da magazzini.

Quando passai in rassegna le collezioni dei musei e le relazioni sui vari siti di provenienza, fui sempre più incuriosita dall'apparente onnipresenza dei gettoni. Essi erano stati rinvenuti in siti così remoti fra loro come Beldibi a ovest, nell'attuale Turchia sud-occidentale, e Chanhu Daro, nell'attuale Pakistan, a est. Erano stati riportati in luce gettoni anche da uno scavo in un sito dell'VIII millennio a.C. sul Nilo, nei pressi di Khartoum.

Al tempo stesso rilevai che alcune fra le relazioni sui siti tralasciavano di render conto dei gettoni che erano stati raccolti o li menzionavano solo incidentalmente. Quando in una relazione si rendeva conto del ritrovamento dei gettoni, questi venivano designati come «oggetti di uso incerto», «giocattoli per bambini», «pedine per giochi» o «amuleti». Per esempio, i gettoni rinvenuti a Tello, nell'Iraq, furono interpretati dal loro scopritore, Henri de Genouillac, come amuleti la cui funzione sarebbe stata quella di esprimere il desiderio di «identificazione personale» dei residenti.

La presa di coscienza del fatto che i gettoni erano tutti manufatti del medesimo genere era impedita anche dalla circostanza che, quando pure venivano elencati nelle relazioni sui vari scavi, apparivano di solito non sotto un'unica voce ma sotto varie voci distinte a seconda della loro forma. I coni, per esempio, sono stati descritti come figurine femminili schematiche, come simboli fallici, come pedine da gioco e le sfere sono state interpretate per lo più come biglie o come palline da lanciare con la fionda.

Avendo studiato all'École du Louvre, conoscevo bene il lavoro di Amiet. Avevo nondimeno compilato un catalogo di centinaia di gettoni prima di rendermi finalmente conto di quanto questi manufatti di argilla molto più antichi fossero simili ai gettoni di Susa studiati da Amiet. Dapprima mi parve impossibile che i due gruppi potessero essere connessi; almeno 5000 anni separavano i gettoni del periodo neolitico da quelli di Susa, dell'Età del bronzo. Quando estesi le mie investigazioni, includendo in esse manufatti di argilla posteriori, risalenti al periodo compreso fra il VII e il IV millennio a.C. e oltre, trovai con sorpresa che gettoni d'argilla simili erano stati riportati in luce in un gran numero di siti rappresentativi dell'intero intervallo di tempo. Evidentemente un sistema di conteggio che faceva uso di gettoni fu ampiamente usato non soltanto a Nuzi e a Susa ma in tutta l'Asia occidentale e per un periodo così lungo come quello compreso almeno fra il IX e il II millennio a.C.

Pare che il sistema sia stato molto simile a vari altri sistemi antichi, e anche non tanto antichi, di computo. Gli studiosi dell'antichità classica hanno grande familiarità col sistema romano di fare «calcoli» con pietruzze (dette appunti calculi in latino). Ancora alla fine del Settecento, i funzionari della tesoreria britannica facevano uso di gettoni per calcolare le tasse. Del resto i pastori iracheni si servono ancor oggi di pietre per contare i capi di bestiame dei loro greggi e l'abaco è ancora il calcolatore standard nei mercati dell'Asia. L'arcaico sistema dei gettoni dell'Asia occidentale era semmai solo un po' più complesso delle sue controparti posteriori.

Considerato nel suo insieme, il sistema presentava una quindicina di classi principali di gettoni, ulteriormente suddivise in circa 200 sottoclassi sulla base delle dimensioni, di segni incisi o impressi o di varianti frazionarie, come nei casi dei quarti di sfera, delle mezze sfere e dei tre quarti di sfera. Evidentemente ogni forma particolare aveva un significato proprio; alcune appaiono rappresentare valori numerici, altre oggetti specifici, in particolare merci.

Non è necessario speculare su alcuni di questi significati; numerosi ideogrammi incisi sulle tavolette di Uruk sono una raffigurazione bidimensionale abbastanza esatta di molti fra i gettoni. Per esempio, i segni arbitrari usati a Uruk per i numerali, come una piccola impronta in forma di cono per il numero uno, un'impronta circolare per il numero 10 e un'impronta ancora in forma di cono, ma più grande, per il numero 60 trovano riscontro in forme di gettoni: piccoli coni, sfere e grandi coni. Altri esempi di ideogrammi che corrispondono a gettoni sono, per quanto concerne le merci e oggetti di scambio, il simbolo di Uruk per gli ovini (un cerchio che include una croce) e il simbolo di Uruk per un indumento (un cerchio che include quattro linee parallele). Altri esempi sono costituiti da ideogrammi per indicare il metallo e l'olio e simboli più chiaramente pittografici per il bestiame, i cani e quelli che sono manifestamente recipienti; a ogni segno inciso su una tavoletta corrisponde un gettone di forma simile recante gli stessi segni grafici. Anche le forme di molti ideogrammi sumerici non ancora interpretati trovano riscontro in altri gettoni.

Quali furono i motivi che condussero a introdurre un tale repertorio di simboli tridimensionali? Non può essere una semplice coincidenza il fatto che i primi gettoni appaiono all'inizio del periodo neolitico, un'epoca di profondo mutamento nella società umana. Fu allora che un anteriore sistema di sussistenza, fondato sulla caccia e sulla raccolta, fu trasformato dall'impatto della domesticazione di piante e animali e dallo sviluppo di un modo di vita agricolo. La nuova economia agricola, pur accrescendo indubbiamente la produzione di cibo, dovette accompagnarsi a nuovi problemi.

Il più cruciale fu forse quello della formazione di scorte di generi alimentari. Una determinata porzione del raccolto di ciascun anno doveva essere riservata al fabbisogno della famiglia dell'agricoltore e una parte doveva essere accantonata come semente per la produzione dell'anno successivo. Un'altra parte ancora poteva essere barattata con coloro che erano disposti a offrire, in cambio di generi alimentari, prodotti esotici e materie prime. Pare plausibile che il bisogno di tener nota di tali assegnazioni e transazioni possa essere stato sufficiente a stimolare lo sviluppo di un sistema di registrazione.

I gettoni più antichi a noi noti sono quelli provenienti da due siti della regione dello Zagros, nell'Iran: Tepe Asiab e Ganj-i-Dareh Tepe. Pare che attorno al1'8500 a.C. gli abitanti delle due comunità praticassero l'allevamento e stessero sperimentando coltivazioni agricole, pur continuando a dedicarsi alle attività della caccia di selvaggina e della raccolta di piante selvatiche. I gettoni di argilla da loro prodotti avevano una forma abbastanza sofisticata. Si distinguevano in essi quattro tipi fondamentali: sfere, dischi, coni e cilindri. C'erano inoltre tetraedri, ovoidi, triangoli, rettangoli, spire piegate e forme animali schematiche. Fra i sottotipi c'erano mezze sfere e coni, sfere e dischi con incisioni e impronte. L'insieme comprendeva un totale di 20 simboli.

Il periodo neolitico e il successivo periodo calcolitico, o Età del rame, durarono nell'Asia occidentale circa 5000 anni. Nel corso di questo periodo di tempo di durata considerevole si trovano, sorprendentemente, assai pochi mutamenti nei gettoni, a testimonianza di quanto questo sistema di registrazione fosse appropriato alle esigenze di una primitiva economia agricola. Nel 6500 a.C. circa, ossia 2000 anni dopo il sorgere delle prime comunità agricole dello Zagros, cominciò a fiorire un altro villaggio iranico, Tepe Sarab. L'inventario dei gettoni riportati in luce dagli scavi a Tepe Sarab non presenta alcun aumento nel numero dei tipi principali e solo un aumento limitato nel numero dei sottotipi (da 20 a 28), fra i quali troviamo una piramide a base quadrangolare e un cranio di bue stilizzato che rappresenta forse il bestiame in genere.

Fu forse durante il periodo calcolitico che le eccedenze agricole di singoli membri della comunità andarono a formare un fondo comune per mezzo dell'istituzione di tasse in natura, fondo la cui supervisione dovette essere affidata a pubblici funzionari, come dipendenti del tempio. Se così fu, il bisogno di tener nota dei contributi individuali non bastò evidentemente a far apportare modificazioni significative al sistema di registrazione. I gettoni riportati in luce in quattro siti fioriti fra il 5500 e il 4500 a.C. (Tell Arpachìyah e Teli as-Sawwan nell'Iraq e Chaga Sefid e Jaffarabad nell'Iran) non riflettono se non sviluppi marginali. In questi siti compare un nuovo tipo di gettone, il cono doppio, e in alcuni dei sottotipi linee e punti neri dipinti hanno sostituito le incisioni e i marchi impressi.

All'inizio dell'Età del bronzo, fra il 3500 e il 3100 a.C., ci furono mutamenti significativi nel sistema di registrazione. Questo periodo vide un progresso economico non meno notevole di quanto lo era stata l'ascesa dell'economia agricola che ne aveva gettato le basi. Il nuovo sviluppo fu l'emergere di città. Lo studio dei siti antichi dell'Asia occidentale indica un aumento notevolissimo della popolazione dell'Iraq e dell'Iran; centri urbani con molti abitanti cominciarono a sorgere in prossimità degli anteriori insediamenti di villaggio.

A questo periodo risalgono le prime forme di specializzazione artigianale e di produzione di massa. Le fucine del bronzo e i loro prodotti dettero a quest'epoca il suo nome, ma contemporaneamente fiorirono, concentrandosi in varie aree, anche altre forme di artigianato. L'invenzione della ruota del vasaio consentì lo sviluppo di un'industria ceramica e la produzione di vari forni di ceramisti che lavoravano per un grande pubblico fu distribuita anche a distanze molto grandi. Una tendenza analoga si riscontra nella produzione di vasellame in pietra e il formarsi di un'estesa rete commerciale è indicato dalla comparsa nell'Iraq di materiali esotici come il lapislazzuli.

Lo sviluppo di un'economia urbana, fondata sul commercio, deve aver moltiplicato le domande poste al sistema di registrazione tradizionale. Si trattava di prender nota ora non soltanto della produzione ma anche di inventari, partite di merci e pagamenti di salari e i mercanti avevano bisogno di conservare registrazioni delle loro transazioni commerciali. Nell'ultimo secolo del IV millennio a.C. le sollecitazioni della complessa contabilità commerciale sul sistema dei gettoni si manifestano tanto nei simboli quanto nel modo in cui i gettoni venivano usati.

Per considerare innanzitutto i simboli, sei siti dell'ultima parte del IV millennio a.C. nell'Iraq (Uruk, Tello e Fara), nell'Iran (Susa e Chogha Mish) e in Siria (Habuba Kabira) hanno fornito gettoni rappresentativi dell'intera gamma di tutte le forme. Compaiono inoltre alcune forme nuove, fra cui parabole, romboidi e raffigurazioni di tipi di vasellame. Ancor più significativa della comparsa di forme nuove è però la grande proliferazione di sottotipi, identificati da una varietà di segni incisi sui gettoni stessi. E in questo periodo, inoltre, che alcuni fra i gettoni cominciano a presentare motivi applicati, come pallottoline o spirali di argilla.

I sei siti nominati hanno fornito un totale di 660 gettoni risalenti al 3100 a.C. circa. Di questo numero, 363, ossia il 55 per cento, recano incisioni. La maggior parte di queste sono fori profondi prodotti con l'estremità appuntita di uno stilo: la disposizione dei fori è molto visibile e rivela una chiara attenzione alla simmetria. Su gettoni dalla forma arrotondata, come sfere, coni, ovoidi e cilindri, le incisioni decorrono di solito attorno alla parte centrale, in senso per così dire equatoriale, e sono perciò visibili da qualsiasi parte li si osservi. Su gettoni piani, come dischi, triangoli e rettangoli, le incisioni appaiono su una sola faccia.

La maggior parte delle incisioni presentano un disegno di linee parallele, benché non manchino anche croci e disegni a linee incrociate. Il numero delle linee parallele che compaiono ogni volta non sembrerebbe casuale: possono esserci sino a dieci incisioni e la frequenza dei disegni a una, due, tre e cinque linee è molto elevata. È degno di nota che, con l'eccezione del disegno a due linee, i disegni con un numero di linee dispari sono i più frequenti.

Benché i disegni incisi siano di gran lunga i più abbondanti, 26 dei gettoni (pari al 4 per cento circa del totale) presentano impronte circolari eseguite evidentemente premendo sull'argilla con l'estremità arrotondata di uno stilo. Alcuni fra i gettoni con impronte ne presentano una sola, altri presentano un insieme di sei impronte, disposte o su una sola riga o su due righe con tre impronte ciascuna.

Quanto ai mutamenti nel modo in cui i gettoni furono usati, è significativo il fatto che 198 di essi, ossia il 30 per cento del totale, sono perforati. I gettoni perforati si trovano in tutti i tipi e comprendono sottotipi delle varietà non marcate, incise e con impronte. In effetti ciò significa che gettoni di ogni genere erano disponibili in entrambe le forme, perforata e non perforata. Le perforazioni sono così piccole che nel foro poteva passare solo uno spago abbastanza sottile. Una fra le spiegazioni addotte di tale perforazioni è quella secondo cui tutti i 15 tipi di gettoni e i loro 250 sottotipi non sarebbero altro che singoli amuleti che la popolazione urbana dell'Asia occidentale all'inizio dell'Età del bronzo portava al collo o al polso. Io rifiuto questa spiegazione per due motivi. Innanzitutto, nessuno dei gettoni perforati che ho esaminato dimostra alcuna traccia di un loro uso come amuleti, come la lucidatura dovuta a logorio o una qualche misura di erosione attorno al foro per cui passava la còrdicella. In secondo luogo, sembra assurdo che un repertorio di forme così complesso, che presenta una distribuzione geografica tanto estesa e che manifesta un'uniformità morfologica tanto notevole, abbia potuto svolgere una funzione di ornamento personale nel 30 per cento dei casi e avere altre funzioni nel restante 70 per cento.

Assai più ragionevole mi pare l'ipotesi che alcuni gettoni, intesi come rappresentativi di una transazione specifica, venissero uniti assieme con una funicella, fungendo così da vera e propria registrazione. Pare almeno plausibile che la complessità della registrazione di atti o transazioni in un'economia urbana possa aver dato origine a gettoni duplicati adatti per essere tenuti assieme da uno spago.

L'unione di gettoni per mezzo di uno spago, se questo è il significato della loro perforazione, segnerebbe soltanto un mutamento nel modo in cui questi piccoli oggetti di argilla venivano usati alla fine del IV millennio a.C. Un mutamento assai più significativo è la comparsa, a quest'epoca, di bullae, o involucri, di argilla, come quelle che Amiet trovò a Susa e che contenevano gettoni. L'esistenza di una bulla è una prova manifesta del desiderio di conservare, separati da altri, i gettoni che rappresentavano una determinata transazione. La bulla poteva essere realizzata facilmente manipolando un pezzetto d'argilla delle dimensioni di una palla da tennis e praticando in esso con le dita una cavità abbastanza grande da contenere vari gettoni; essa poteva poi essere sigillata con un pezzetto di argilla.

Non ho dubbi sul fatto che tali bullae furono inventate per fornire alle parti impegnate in una transazione commerciale un tipo di superficie liscia di argilla su cui, secondo il costume sumerico, si potevano imprimere i sigilli personali degli individui che dovevano autenticare l'atto. Il fatto che la grande maggioranza delle 350 bullae finora scoperte rechino le impronte di due diversi sigilli fornisce una conferma alla mia convinzione. Amiet ha suggerito che le bullae di Susa potrebbero avere svolto la funzione di polizze di carico. Secondo questa ipotesi un produttore rurale, per esempio di tessuti, consegnava una partita di merce a un mediatore di città inviandogli, insieme alla merce, una bulla contenente una descrizione, per mezzo dei gettoni, del tipo e della quantità di merce inviata. Rompendo la bulla, il destinatario del carico poteva verificare la partita di merce ricevuta; inoltre la necessità di consegnare una bulla intatta garantiva che la merce non venisse manomessa dal trasportatore. Questo passaggio di un numero di gettoni, garantiti da un sigillo, fra le parti di una transazione commerciale rappresenta un modo del tutto nuovo di usare l'antico sistema di registrazione.

L'innovazione aveva però un serio inconveniente. I sigilli impressi sull'esterno liscio della bulla servivano a convalidare ogni trasmissione di merce ma, se le impronte dei sigilli dovevano preservarsi, era necessario conservare intatta la bulla. Come si poteva allora stabilire quali e quanti gettoni fossero chiusi in essa? Una soluzione a questo problema fu trovata ben presto. Essa consisté nel marcare la superficie della bulla, in modo che essa riportasse, oltre alle impronte di sigilli destinate a convalidarla, anche le immagini di tutti i gettoni in essa contenuti.

L'esempio più sorprendente di questo nuovo uso ci è fornito da una bulla che risultò contenere sei gettoni ovoidali con scanalature. Ciascuno dei sei gettoni era stato impresso sulla superficie della bulla prima di essere rinchiuso nel suo interno; i gettoni si adattano infatti perfettamente alle impronte visibili sulla superficie esterna della bulla stessa. Questo modo di registrare il contenuto di una bulla sul suo esterno non fu però praticato universalmente. Sulla maggior parte delle bullae l'impronta fu eseguita con un pollice o con uno stilo; un'impronta circolare rappresentava una sfera o un disco, un'impronta semicircolare o triangolare rappresentava un cono, e così via.

I segni impressi sulla bulla non furono certo inventati in sostituzione del sistema di registrazione per mezzo dei gettoni. Questo fu, nondimeno, ciò che accadde. È facile immaginare l'intero processo. Dapprima l'innovazione si affermò grazie alla sua utilità; chiunque poteva «leggere» il contenuto di una bulla (la qualità e quantità dei gettoni) senza bisogno di distruggere il contenitore e le impronte dei sigilli. Lo sviluppo successivo era virtualmente inevitabile e la sostituzione dei gettoni materiali con la loro raffigurazione bidimensionale pare sia stata il trait d'union determinante fra il sistema di registrazione arcaico e la scrittura. Le bullae cave, con i gettoni in esse contenuti, furono sostituite da oggetti d'argilla solidi con iscrizioni: le tavolette. Le funicelle, i cestini e le grandi quantità di gettoni conservati sui ripiani degli archivi furono soppiantati da segni rappresentativi su tavolette, ossia da registrazioni scritte.

Il profilo convesso delle più antiche tavolette di Uruk potrebbe essere un carattere morfologico ereditato dalle bullae sferiche. Anche l'uso dell'argilla, un materiale poco adatto alla scrittura, essendo molle e facilmente deteriorabile e dovendo essere fatto seccare e cotto per poter essere conservato, sembra risentire di questo legame con l'arcaico sistema di registrazione. Ben pochi dubbi possono sussistere anche sulla relazione esistente fra le forme dei gettoni e i disegni che figurano su di essi da un lato e le forme di molti ideogrammi di Uruk, forme considerate in passato arbitrarie, dall'altro. Fra gli ideogrammi e le raffigurazioni bidimensionali di gettoni esistono non meno di 33 casi di identità chiaramente accertati ed è possibile identificarne altri.

In sintesi, gli esempi più antichi di scrittura in Mesopotamia non sarebbero, come molti hanno supposto, il risultato di un atto di pura invenzione. Pare invece che essi siano una nuova forma di applicazione, introdotta nella parte finale del IV millennio a.C., di un sistema di registrazione presente nell'Asia occidentale dall'inizio del Neolitico in poi. In questa prospettiva la comparsa della scrittura in Mesopotamia rappresenta un passo avanti logico nell'evoluzione di un sistema di registrazione che ebbe origine circa 11000 anni or sono.

Sulla scorta di questa ipotesi, il fatto che il sistema sia stato usato senza modificazioni significative fin verso la fine del IV millennio a.C. pare attribuibile alle richieste relativamente semplici poste al sistema di registrazione nei precedenti 5000 anni. Con l'avvento delle città e lo sviluppo di un commercio su vasta scala, il sistema fu sollecitato a compiere un importante passo avanti. Le raffigurazioni grafiche dei gettoni soppiantarono rapidamente i gettoni stessi e l'evoluzione di oggetti simbolici in ideogrammi condusse alla rapida adozione della scrittura in tutta l'Asia occidentale.

Prologo. Gli antecedenti della scrittura. Index. Gli antecedenti della scrittura. Serie di gettoni d'argilla provenienti da Susa. Gli antecedenti della scrittura.

Home | Chi siamo? | Contatto ed e-mail